
Ian Gutterman, fondatore e ceo di Informed Insurance, ha affermato sul suo blog che il motivo per cui l’assicurazione viene “riconfezionata” come “embedded” è perché “gli assicuratori si sono resi conto che non sono bravi a venderla da soli”. A suo dire, l’assicurazione incorporata, così come è stata concepita, è “manipolazione emotiva” e non una reale “spinta utile verso il bisogno del cliente”.
A detta di Gutterman, l’embedded insurance “è vantaggiosa per la compagnia assicurativa (vendono più polizze), per il distributore (ottengono commissioni per i referral) e per gli investitori (l’assicurazione integrata può essere troppo cara a causa del impossibilità di fare acquisti comparativi). “Raramente è un bene per il cliente” attacca Gutterman che fa l’esempio delle barrette di cioccolato vendute alla cassa del supermercato. “Le aziende – scrive – spesso pensano che i loro clienti siano stupidi e possano essere sfruttati. Cercano di farti fare un acquisto d’impulso che non volevi davvero. Sappiamo – continua Gutterman – anche che gli acquisti d’impulso tendono ad essere troppo costosi perché sfruttano il tuo stato emotivo. Anche se fatto in modo logico, sappiamo che i prodotti vincolati tendono a essere venduti a prezzi più alti, quindi è improbabile che sia un buon affare per l’acquirente”.
Non tutti i prodotti assicurativi embedded seguono questa logica, puntualizza Gutterman. Ce ne sono alcuni che seguono i bisogni che vuole il cliente. Per colmare per davvero il gap assicurativo (vero intento della embedded insurance) bisogna “convincere i clienti del valore del tuo prodotto”.
Per realizzare quella che Gutterman chiama la “prova del valore”, gli assicuratori integrati devono realizzare tre cose: copertura migliore di quella disponibile nei canali tradizionali; prezzo inferiore rispetto a canali alternativi; processo di acquisto più semplice con una chiara spiegazione del motivo per cui è un buon prezzo e offre una migliore copertura. L’assicurazione incorporata, così descritta da Gutterman, non rischia però di essere dannosa solo per i consumatori ma anche per gli assicuratori. “Quando scegli di essere un assicuratore incorporato, sei un’entità senza nome e senza volto. Al cliente non importa chi sei. Attribuiscono tutto il valore che percepiscono dalla transazione al marchio di vendita al dettaglio con cui hai collaborato, il più delle volte, al partner di vendita al dettaglio non potrebbe importare di meno se un altro assicuratore si mettesse nei tuoi panni – afferma Gutterman – Il partner vorrà vendere il tuo prodotto a tutti i clienti poiché si tratta di entrate incrementali per loro, anche quelli con un’alta probabilità di un reclamo o disponibilità a commettere frodi – continua – A meno che tu non richieda che ricevano una buona parte del loro pagamento come profitto commissioni contingenti, non si preoccuperanno del tuo rapporto di perdita”. Ai posteri l’ardua sentenza.
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