
Negli ultimi due anni, soprattutto a causa dell’emergenza sanitaria legata al Covid, sono emersi vari fenomeni nel mondo del lavoro che hanno impattato sulla vita di tutti. I candidati hanno stravolto i propri valori e hanno iniziato a considerare il lavoro e la carriera non più come una priorità.
I nuovi bisogni dei lavoratori sono stati stravolti da un senso comune che ha fatto riflettere e che ha amplificato la necessità di valori e vision aziendali condivise. Il work-life balance diventa così più importante del salario e i benefit perdono di importanza rispetto alla possibilità di sfruttare più tempo per se stessi (smart working o full remote).
Great Resignation e Quiet Quitting
Si sono creati dei fenomeni come la Great Resignation cioè il significativo aumento delle dimissioni volontarie, che vede un numero sempre più crescente di persone che decidono di lasciare il proprio lavoro con lo scopo di trovare più equilibrio tra lavoro e vita privata, opportunità di avanzamento di carriera e di apprendimento continuo, così come la necessità di lavorare in realtà più flessibili e la volontà di avere anche incarichi più mirati e soddisfacenti. Più del 40% dei lavoratori infatti sottolinea che l’etica e i valori del datore di lavoro sono importanti per motivarli e farli sentire parte di un gruppo sano. Quello che caratterizza il fenomeno delle “grandi dimissioni” è che le persone spesso fanno un vero e proprio salto nel buio, dato che chi si licenzia non ha ancora trovato un nuovo lavoro.
Il quiet quitting invece è l’evoluzione della great resignation. In pratica, anziché lasciare il posto fisso come hanno fatto 8 milioni di italiani post pandemia senza avere un’alternativa di lavoro, ci si tiene il proprio posto di lavoro ma ci si limita a lavorare lo stretto necessario. In pratica si mettono dei paletti e si lavora quanto basta, evitando gli straordinari o altri extra che non siano strettamente necessari. Tutto questo per non farsi risucchiare da un sistema improntato sull’iperattività e sull’iper-reperibilità, incentivate paradossalmente dallo smart working vissuto nel culmine della pandemia dove dividere casa e ufficio è risultato molto complicato. Insomma l’esatto contrario della hustle culture, ovvero l’idea di dedicarsi anima e corpo al proprio lavoro e alla gratificazione professionale.
Verso una nuova struttura aziendale
Le imprese devono iniziare a fare i conti e capire come contrastare questi fenomeni ponendo sempre più enfasi sulle fasi di talent attraction, retention e su nuove idee di organizzazione e struttura aziendali. Una di queste novità è che l’azienda viene organizzata non più per ruoli ma per skills e competenze. E in questo scenario si è creato un altro fenomeno che è quello dello skill shortage o skill gap, ossia l’incapacità delle aziende di reperire rapidamente sul mercato le competenze necessarie. Questo nuovo trend è causato dalla veloce evoluzione tecnologica, che rende obsolete alcune competenze tradizionali e accentua il bisogno di nuove competenze che erano impensabili solo fino a pochi anni fa. In questo modo, la fase di talent attraction diventa importante e attività di employer branding acquistano valore aggiunto, diventando sempre più necessarie.
Alla ricerca di nuove competenze
Secondo una ricerca Manpower Group (Solving the Talent Shortage – 2018), la carenza di competenze è significativa ed in constante crescita, nonché maggiormente accentuata negli ultimi anni. Se guardiamo nel dettaglio l’industry del fintech e soprattutto dell’insurtech notiamo come figure in ambito cyber risk, data analytics, rischi climatici e data security sono fortemente richieste. Secondo un report dell’EY European Insurance CRO Survey 2022, che ha intervistato 120 tra le principali imprese assicurative vita e danni del mercato europeo, infatti più del 60% ritiene più difficile trattenere talenti rispetto al passato. In questo contesto, la circolazione delle competenze diventa fondamentale nell’attenuare la problematica dello skill shortage.

Open Talent Economy, la community FintechJobs
Entra quindi in gioco la Open Talent Economy che, in una logica di ecosistema, consente alle aziende di accedere rapidamente a network esterni di competenze come FintechJobs. In queste community spesso c’è l’occasione di aumentare il proprio network e la possibilità di crescere le proprie competenze grazie alla condivisione delle stesse e l’apporto di contenuti di qualità. In FintechJobs è anche possibile iscriversi ad un Mentoring Program dove ci si può confrontare con figure professionali molto esperte che possono aiutare e dare supporto a chi vuole migliorare ed arricchire il proprio percorso professionale e la propria carriera lavorativa. Inoltre, le community possono fare la differenza e giocare un ruolo fondamentale in quanto i lavoratori possono scambiarsi informazioni e trovare aziende conformi alle proprie aspettative e dove le aziende possono mettersi in mostra comunicando i propri valori e la propria cultura, cercando di attrarre risorse in linea, che come detto è diventata la vera sfida per le aziende di oggi.
Valerio Buniato, co-founder FintechJobs
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